Una direttiva dai vincoli più soft rispetto alla prima proposta di legge presentata approvata con il voto contrario di Italia e Ungheria
Una direttiva dai vincoli più soft rispetto alla prima proposta di legge presentata da Bruxelles, che concede maggiore flessibilità ai singoli Paesi per le ristrutturazioni. Ma che va nella direzione di prevedere requisiti più stringenti di efficienza per gli immobili e zero emissioni per le case nuove. La Casa green incassa il sì definitivo del Consiglio Ue, con il voto contrario dell’Italia insieme all’Ungheria.
Secondo le nuove norme, entro il 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero, ed entro il 2050 il patrimonio edilizio dell’Ue dovrebbe essere trasformato in uno stock a emissioni zero. Per gli edifici non residenziali, la direttiva rivista introduce standard minimi di prestazione energetica, garantendo che non superino la quantità massima specificata di energia primaria o finale che possono utilizzare per metro quadrato ogni anno.
Le classi energetiche a cui eravamo abituati (dalla A alla G) sono state sostituite a favore di nuovi requisiti energetici, che vanno a toccare sostanzialmente gli edifici più vecchi. La prima versione della direttiva puntava a introdurre l’obbligo di intervenire sugli immobili residenziali con le prestazioni energetiche peggiori, portandoli almeno in classe E entro il 2030 e in classe D entro il 2033. Una scelta che aveva innescato le critiche di diversi governi nazionali, tra cui il nostro. Secondo quanto emerge dalle ultime novità, non si tratta più di osservare dei target fissati dall’Unione con l’imposizione di una soglia minima di prestazioni (le classi energetiche appunto), il testo attuale prevede infatti che gli Stati membri riducano il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 per poi arrivare al 20-22% entro il 2035. Per certi versi si tratta di un compromesso al ribasso dovuto alla forte opposizione di alcune parti politiche, che considerano la nuova proposta un approccio più ragionevole. In particolare si registra un passo indietro sul contenimento dei combustibili fossili, previsto nella prima versione della direttiva.
Il piano nella prima fase riguarderà circa 5 milioni di immobili, ovvero quelli che hanno le prestazioni energetiche peggiori. Entro il 2050 la direttiva impone anche che gli Stati assicurino almeno il 55% della riduzione dei consumi di energia primaria attraverso il rinnovo degli edifici più energivori. Sono previste comunque delle deroghe, più di quelle che erano già garantite in passato. Saranno i singoli Paesi a stabilire con quali modalità intendono raggiungere questi target, quindi c’è ancora un certo grado di incertezza sulle tempistiche operative e sui regolamenti nazionali. Serve tenere conto che servirà adeguare i regolamenti edilizi, quelli di efficienza e naturalmente le agevolazioni fiscali. Solo dal 2025 capiremo in concreto come le novità saranno recepite dal governo italiano.
Resta il nodo delle risorse da stanziare per realizzare gli interventi di ristrutturazione. Al momento non sono trattati all’interno della direttiva europea, quindi per ora non si useranno risorse del bilancio dell’Ue per finanziare gli incentivi, le agevolazioni spetteranno ai singoli Stati nazionali. Le risorse rischiano di essere un forte ostacolo alla buona riuscita del programma. Ogni Stato membro, però, potrà stabilire un piano nazionale di ristrutturazione adattandolo alle esigenze del singolo paese. Siamo dunque ancora lontani dal testo definitivo e molte sono le possibilità di deroga per i singoli paesi.
A preoccupare è soprattutto il conto da 270 miliardi di euro per gli immobili. La stima l’ha fatta il Centro studi di Unimpresa, alla luce delle nuove regole contenute nella direttiva Case green secondo le quali entro il 2050 tutte le case in Europa dovranno essere a impatto ambientale zero. Su quasi 12,5 milioni di unità totali, sono oltre 7,6 milioni (61%) gli immobili italiani classificati nelle peggiori classi energetiche, ovvero F e G, quindi rientranti fra quelli che, sulla base delle nuove regole europee, dovranno essere riqualificati, con importanti investimenti a carico di famiglie e imprese. La spesa per ristrutturare tre abitazioni su cinque quelle che non rispettano i parametri della direttiva Ue, si attesta a circa 270 miliardi, calcolata considerando un investimento che oscilla, per ciascun immobile dai 20mila euro ai 55mila euro.
La direttiva indica anche specifiche eccezioni per gli edifici di pregio artistico, storico, di culto, le seconde case e quelle con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati, inoltre gli Stati potranno chiedere alla Commissione europea di valutare deroghe che tengano conto delle particolarità del patrimonio immobiliare di ciascun Paese (monumenti, edifici di particolare valore architettonico o storico, edilizia pubblica o sociale ecc.), di problemi tecnici, della mancanza dei materiali o dei costi eccessivi per i lavori. Infatti sarà consentito, in presenza di particolari requisiti, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata.
Sarà l’Italia a decidere
Va ricordato che l’iter che sta per iniziare è solo un primo passo: in seguito la direttiva dovrà essere recepita anche dai singoli Stati. Ci sono quindi aspetti che dovranno guidare la regolamentazione nazionale verso edifici sempre più sostenibili. Ad esempio è probabile che ogni Stato debba ulteriormente lavorare ad affinare gli standard minimi in edilizia.
Visti gli obbiettivi molto sfidanti che si vogliono raggiungere, dovranno essere rivisti tutti i regolamenti su edilizia, impianti e materiali. Una cosa che però richiede pianificazione e tempi certi fin da subito. Le nuove prescrizioni, poi, impatteranno tanto sugli edifici di nuova costruzione quanto su quelli esistenti.
L’edificio infine diventa un sistema integrato con la sostenibilità ambientale. Il che implica ad esempio la presenza di punti di ricarica delle auto elettriche anche nei condomini e sistemi smart per la gestione dell’energia, sia elettrica sia termica.
La tempistica e gli incentivi
Per la Commissione europea, iniziare a ridurre le emissioni di gas serra è un passaggio fondamentale per conseguire l’obbiettivo delle emissioni zero entro il 2050; e gli immobili sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas a effetto serra nell’Ue, visto che tre quarti degli edifici è inefficiente dal punto di vista energetico.
Occorre pertanto definire chiaramente tempi e modalità in sede Ue poi in Italia andando di pari passo con la promozione di incentivi certi e duraturi. Serve pertanto procedere con una strategia chiara e non con proroghe all’ultimo minuto o continui cambiamenti regolatori tecnici e fiscali ad ogni legge di bilancio. Solo così sarà possibile affrontare questa sfida coinvolgendo i cittadini e migliorando il nostro Paese.
Quali edifici dovrebbero essere coinvolti
Edifici e unità immobiliari di nuova costruzione, edifici esistenti e unità immobiliari sottoposti a ristrutturazioni importanti o a riqualificazione energetica degli edifici e con gradualità tutti gli edifici più energivori. È importante sottolineare che il riferimento della direttiva non sono i singoli cittadini ma gli Stati.
Saranno i singoli stati a stabilire un piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, sia pubblici che privati, per raggiungere “classi energetiche minime” con obiettivi stabiliti a livello nazionale e indicatori di progresso misurabili a scadenze specifiche entro le quali tutti gli edifici esistenti dovranno ottenere classi di prestazione energetica superiori entro il 2030, il 2040 e il 2050.
Sono previste delle deroghe che si basano principalmente su criticità come, per esempio, gli edifici storici o per metrature molto piccole o fattori come la convenienza economica. Se per esempio stiamo parlando di una seconda casa in riviera l’obbligo cadrebbe.
Caldaie a gas metano
La nuova direttiva sulle case green prevede che le caldaie a gas metano vengano messe al bando dal 2040, facendo di fatto slittare di cinque anni il termine ipotizzato inizialmente dalla Commissione, ovvero il 2035. Dal prossimo anno, però, si prevede che siano vietati gli incentivi per installarle, scenario difficile da immaginare e comunque legato al fatto che il governo recepisca velocemente la direttiva e la metta immediatamente in pratica.
Installare il fotovoltaico
Un punto della nuova direttiva sulle case green riguarda anche i sistemi fotovoltaici: non è previsto l’obbligo immediato di installarli negli edifici residenziali in nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazioni integrali. Si parte gradualmente dagli edifici pubblici e da quelli commerciali sopra i 250 m quadri.
Sgravi o agevolazioni per i lavori
La Direttiva prevede che bisognerà predisporre un quadro normativo e finanziario adeguato per sostenere le ristrutturazioni edilizie. con particolare attenzione alle famiglie vulnerabili e a medio reddito, che spesso vivono negli edifici che presentano le prestazioni peggiori, sia nelle zone urbane che in quelle rurali. Quello che è certo che non si potranno finanziare sistemi a vettore fossile mentre è lasciato ai singoli Stati trovare la quadra su come supportare le famiglie.
Se non si adegua la casa nei tempi stabiliti
Al momento non sono previste sanzioni per i cittadini, come detto il cittadino dovrà essere accompagnato lungo questo percorso non vessato. Al momento è questo il messaggio che arriva dalla Commissione Europea.
Rivendere la casa con bassa classe energetica
Al momento non vi è nessun obbligo di classe energetica minima per la compravendita; verrà forse chiaramente definito nei prossimi step a livello EU e sicuramente nel recepimento a livello nazionale. L’approccio sanzionatorio al momento non sarebbe quello preferito ma si cercherebbe di responsabilizzare gli Stati a raggiungere gli obiettivi consapevoli della propria legislazione e degli strumenti di incentivazione messi in atto.